Quando Michelangelo realizzò il Mosè (Roma, San Pietro in Vincoli - chi non ci fosse andato, DEVE andare) era talmente concentrato sul pezzo da adirarsi dicendo: Perché non parli!
Per la verità il Mosè, non solo non parlava, ma neanche si muoveva e per secoli è stato lì fermo e zitto fintanto che, di volta in volta, i suoi custodi si sono accorti di ricorrenti segni di degrado ed hanno provveduto a restaurarlo, l'ultima volta nel 2000.
Molto più modestamente (e, purtroppo per noi, direi miseramente...) oggi anche i nostri impianti fotovoltaici, posti sui tetti o in aperta campagna, stanno lì zitti e fermi.
La tempesta frenetica che ha accompagnato le fasi di gestazione del progetto, realizzazione, espletamento pratiche autorizzative, collaudi, come d'incanto si è trasformata in calma piatta. Bonaccia assoluta.
L'impianto non si muove e non parla ma solo macroscopicamente. Se invece avvicinassimo lo sguardo, potremmo agevolmente osservare i profondi cambiamenti che in esso, progressivamente prendono vita.
Scintillii sui contatti, movimenti della struttura, celle fuori uso, degrado dei cavi. Difettosità che lentamente ma progressivamente depauperano l'efficienza dell'impianto, perdita di cui ci si accorge solo quando casualmente si guardano i conti o se l'impianto di ferma (in parte o tutto).


L'impianto parla, altroché se parla. Di più, si lamenta. Siamo noi che non lo ascoltiamo!